"Tutti noi crediamo che staremo fantasticamente. E ci sentiamo un po' derubati quando le nostre aspettative vengono disattese. Ma a volte, le nostre aspettative non ci tengono in considerazione.A volte ciò che è atteso impallidisce semplicemente di fronte all'inatteso. Devi chiederti perché noi ci aggrappiamo alle nostre aspettative... perché ciò che ci aspettiamo ci rende stabili, ci tiene... immobili. Ciò che ci aspettiamo è solo l'inizio. L'inatteso...è ciò che cambia le nostre vite." Grey's Anatomy
Assolutamente prevedibile un post in una giornata che più autunnale non si può. La pioggia scende giù senza sosta, sto sorseggiando il mio thé caldo, con la speranza che questo mal di gola passi. E ,intanto, la mia mente ritorna ad uno dei monologhi dei miei specializzandi preferiti.
Ma stavolta il tema mi sta troppo a cuore...le aspettative, le ambizioni e, per contro, tutto ciò che non avevo previsto, messo in conto.
Vivo protesa a ciò che sarò domani. Investo energie, speranze, ideali nella me del futuro. In quella che, dietro il so camice bianco e fonendoscopio rosa, nasconde la voglia di imparare, di mettersi in gioco e di guarire. In quella che, spero, si sveglierà con la stessa ansia piacevole di iniziare un nuovo giorno. In quella che non si sentirà mai arrivata e proverà ad essere sempre lungimirante.
E certe volte mi scorgo a pensare. A "progettare mentalmente" la mia vita. A chiedermi se le due metà della mia vita, la me donna e la me medico, combaceranno come desidero. O, se meglio, saranno quella perfetta fusione, alla quale tanto ambisco.
E, con un velo di tenerezza, mi ritrovo a darmi della stupida, se ancora mi chiedo se avrò mai una casa che guarda le colline toscane, con tutto il rumore, le risate infantili e l'amore che vorrei che ci fosse.
Ma la verità é che le mie ambizioni mi hanno sempre tenuta in attesa. In un limbo fra passato e futuro. In una terra di nessuno che non era più presente. Perché io, in fondo, il presente non l'ho mai vissuto fino in fondo...almeno fino a un pò di tempo fa.
Fino a quando non ho cominciato ad accettare l'incalcolabile, l'imprevedibile. Tutto ciò che avrei sempre voluto tenere lontano da me. Perché non previsto. Apolide e intruso non gradito nel "progetto" di me, delle mie giornate, della mia vita.
Ma, ora, devo ammettere che é proprio l'inatteso a dare un sapore nuovo alla mia vita. E a cambiarmela in continuazione...
non avevo messo certo in conto di avere nuove amicizie, tutte così profonde; di riscoprirmi di nuovo a credere in qualcuno, o di essere faccia a faccia col fatto che nulla é per sempre. E non avevo neanche immaginato degli ostacoli nei miei studi, i traumi della milza all'esame o chiacchierate imbarazzanti sugli autobus...ma é tutto ciò che mi fa sentire viva. Che dà colore ad un dipinto, tracciato meticolosamente alla luce di ambizioni e progetti curati nel dettaglio. Ma che senza l'imprevisto sarebbe solo un asettico elenco di intenti.
E mi rivedo al Capodanno scorso.
All'inizio di questo lungo, duro, faticoso ma bellissimo anno. E mi sembra ancora di sentire me, Giusi e Agnese, parlare di ciò che davvero desideravamo, mentre eravamo impegnate nel "rito sacro" di rifarci il trucco, prima della mezzanotte...forse era davvero questo che volevo...l'inatteso, ciò che cambia le nostre vite.
Una giovane idealista con tante illusioni ed una segreta, utopistica speranza...cercare, in piccolo e,per quanto possibile, di rendere questo posto il migliore dei mondi possibili!
venerdì, ottobre 26, 2007
sabato, ottobre 20, 2007
George Gray e i risvegli brutali...
Risveglio un pò brutale con un violento mal di testa. Avete presente quel tipico mal di testa da risveglio alle quattro del pomeriggio, di chi conduce una vita da rockstar e ha fatto baldoria fino alle sette del mattino?Ecco, proprio quello. Peccato che io una vita da rockstar non la faccio e che mi sono svegliata abbastanza presto, con un unico martellante pensiero. Cavolo, devo studiare. Siamo a pochi giorni dall'esame e, come al solito le cose ancora da fare, sono sempre di più di quelle già fatte. Questa é ormai una sorta di "legge di Murphy della mia vita".
Ieri sera é stata comunque una piacevole serata. C'erano gli amici vecchi e nuovi di Licia, un miscuglio di persone provenienti da parti d'Italia (o del mondo!!!) diverse, tanto che, ad un certo punto, ognuno faceva battute nel proprio dialetto e non si capiva più nulla.
Poi queste situazioni mi piacciono un casino.Quelle in cui le persone che ho davanti ancora non mi conoscono e quindi ancora ridono alle mie battute idiote!
Comunque, la mia serata é finita presto. Loro sono andati in un posto, uno di quelli che piacciono a Licia, dove c'é gente dall'aria incazzata e capelloni lunghi lunghi, e io sono rimasta a casa, con la speranza di riuscire a svegliarmi presto.
Ma non era questo il motivo per il quale volevo scrivere.Qualche sera fa, nell'appuntamento quotidiano della mia soap preferita (!!!), c'é stata una cittazione letteraria, abbastanza erudita (se consideriamo il livello della soap!). Tralasciando l'essere meschino che ha osato utilizzare questa poesia, Licia ha iniziato a saltellare per tutta la cucina, dicendo: "La conosco, la conosco!" e, allavelocità della luce, é corsa a prendere l'Antologia di Spoon River. Beh, sebbene l'avessi sfogliata un bel pò di volte, questa non l'avevo mai letta. Appena l'ho fatto, é stato amore a prima vista.
"Ho osservato tante volteil marmo che mi hanno scolpito-
una nave alla fonda con la vela ammainata.
In realtà non rappresenta il mio approdo ma la mia vita.
Perché l'amore mi fu offerto ma fuggii le sue lusinghe;
il dolore bussò alla mia porta ma ebbi paura;
l'ambizione mi chiamò, ma paventai i rischi.
Eppure bramavo sempre di dare un senso alla vita.
Ora so che bisogna alzare le vele e farsi portare dai venti della sorte dovunque spingano la nave.
Dare un senso alla vita può sfociare in follia ma una vita senza senso
è la tortura dell'inquietudine e del vago desiderio:
è una nave che desidera il mare ardentemente ma ha paura.
E diciamo anche che sono i versi che leggo più frequentemente in questi giorni. Forse alla ricerca di una continua spinta propulsiva, forse come monito per non attraccare di nuovo, per non gettare l'ancora una volta in più...non so. So che, però, il lavoro da fare su me stessa é ancora lungo. E le strade da percorrere per riuscire a farsi portare dai "venti della sorte" sono ancora molto impervie. Perché, anche se cerco di combattere la paura o non mi stanchi mai di spronare chi da questa si fa paralizzare, certe volte mi scopro ancora esitante.
E ancora una volta mi ritrovo a pensare. E a chiedermi come sarebbero andate le cose se avessi preso un treno quando era il momento di farlo, non avendo paura delle conseguenze.
Se avessi lottato, davvero.
Ieri sera é stata comunque una piacevole serata. C'erano gli amici vecchi e nuovi di Licia, un miscuglio di persone provenienti da parti d'Italia (o del mondo!!!) diverse, tanto che, ad un certo punto, ognuno faceva battute nel proprio dialetto e non si capiva più nulla.
Poi queste situazioni mi piacciono un casino.Quelle in cui le persone che ho davanti ancora non mi conoscono e quindi ancora ridono alle mie battute idiote!
Comunque, la mia serata é finita presto. Loro sono andati in un posto, uno di quelli che piacciono a Licia, dove c'é gente dall'aria incazzata e capelloni lunghi lunghi, e io sono rimasta a casa, con la speranza di riuscire a svegliarmi presto.
Ma non era questo il motivo per il quale volevo scrivere.Qualche sera fa, nell'appuntamento quotidiano della mia soap preferita (!!!), c'é stata una cittazione letteraria, abbastanza erudita (se consideriamo il livello della soap!). Tralasciando l'essere meschino che ha osato utilizzare questa poesia, Licia ha iniziato a saltellare per tutta la cucina, dicendo: "La conosco, la conosco!" e, allavelocità della luce, é corsa a prendere l'Antologia di Spoon River. Beh, sebbene l'avessi sfogliata un bel pò di volte, questa non l'avevo mai letta. Appena l'ho fatto, é stato amore a prima vista.
"Ho osservato tante volteil marmo che mi hanno scolpito-
una nave alla fonda con la vela ammainata.
In realtà non rappresenta il mio approdo ma la mia vita.
Perché l'amore mi fu offerto ma fuggii le sue lusinghe;
il dolore bussò alla mia porta ma ebbi paura;
l'ambizione mi chiamò, ma paventai i rischi.
Eppure bramavo sempre di dare un senso alla vita.
Ora so che bisogna alzare le vele e farsi portare dai venti della sorte dovunque spingano la nave.
Dare un senso alla vita può sfociare in follia ma una vita senza senso
è la tortura dell'inquietudine e del vago desiderio:
è una nave che desidera il mare ardentemente ma ha paura.
E diciamo anche che sono i versi che leggo più frequentemente in questi giorni. Forse alla ricerca di una continua spinta propulsiva, forse come monito per non attraccare di nuovo, per non gettare l'ancora una volta in più...non so. So che, però, il lavoro da fare su me stessa é ancora lungo. E le strade da percorrere per riuscire a farsi portare dai "venti della sorte" sono ancora molto impervie. Perché, anche se cerco di combattere la paura o non mi stanchi mai di spronare chi da questa si fa paralizzare, certe volte mi scopro ancora esitante.
E ancora una volta mi ritrovo a pensare. E a chiedermi come sarebbero andate le cose se avessi preso un treno quando era il momento di farlo, non avendo paura delle conseguenze.
Se avessi lottato, davvero.
lunedì, ottobre 08, 2007
Bagliori di luce
Sprazzi di conversazioni degli ultimi giorni ispirano questo post. Che sarà più confusionario degli altri. Che già, in realtà, lo sono non poco.
Sabato sera. Gli occhi sinceri delle mie amiche che mi dicono che a loro manco tanto. E mancate tanto anche a me. Ogni giorno mi sfiora il pensiero di come sarebbe stato ridere ancora a lezione o riuscire ad infilare qualche cretinata nelle più serie delle spiegazioni.
Ma é bello vedere che i destini universitari prendono ritmi, velocità, accelerazioni diverse. Ma quelli personali no. E nel nostro essere future donne e medichesse, vedo ancora quel groviglio di risate, belle speranze e ambizioni che tutte noi, messe insieme, ci portiamo.
E che s'incastra perfettamente. E ci consente di non menarci dopo una settimana di vacanza passata costantemente insieme e soprattutto vissuta gomito a gomito. E nel caso della casa a Scalea non é solo una metafora. Vi voglio bene. E il narghilé attende nuove avventure!
Pochi attimi fa. Conversazione su msn, circa le lotte, i mari in tempesta, le concezioni della vita.
E ancora chi, mesi fa, dopo avermi chiesto perché faccio medicina, torna a ispirarmi un pò di riflessione. Sulla vita, sul continuo lottare, sull'assoluta mancanza di un mare calmo, in gran parte delle nostre giornate.E capisco, sempre più, che non é un'esagerazione.
Che si tratti di acquisire un buon ritmo universitario, di portare avanti i propri obiettivi, di riuscire ad acciuffare un briciolo di serenità...tutto ciò richiede costanza, metodo, determinazione, forza. E una notevole indole al mettersi in gioco e a voler rischiare.
Dopo un mese trascorso nelle sabbie mobili, in quel caos calmo che, se potessi, prenderei a pugni e allontanerei dal mio microcosmo, devo ritornare alla tendenza Fernanda.
E a chi ha ispirato questa conversazione posso solo dire forza, forza, forza. Il traguardo é vicino e il successo pure. Sei sulla corsia di accelerazione. Una volta spiccato il volo, chi ti ferma più?
Aldilà delle incomprensioni, oltre i differenti modi di vedere le situazioni...la stima, l'empatia, la complicità nel dire cavolate, l'essere sempre noi stessi, senza vergognarsi di apparire presuntuosi quando si parla di sogni e ambizioni, permangono. E, forse, essere adulti é anche questo.
Pomeriggio della settimana scorsa in centro. Fra turisti giapponesi che pullulano in ogni dove, insulti al sistema dei blocchi universitari fiorentino, che bello scoprire che c'é tanto "idealismo umanitario" (te la rubo ,Lu, é un'espressione bellissima)in molti futuri medici. Insomma, che ci sia davvero, oltre agli invasati della corsa al denaro, chi vuole davvero curare una persona. Cercando la sua personale empatia con il paziente, rifuggendo dalle macchinazioni dei reparti. Partendo dall'Africa o dal proprio personale modo di fare medicina. Ricordandosi che, a volte, oltre ad auscultare, ci dovrebbe essere un pò di posto anche per l'ascolto. E che dietro le lenzuola bianche non si celano solo bronchiti e calcolosi. Ma anche grandi silenzi e inespresse solitudini.
E che bello appurare che essere idealisti non vuol dire non avere i piedi per terra. E che anche a qualcun'altro la parola compromesso fa alquanto ribrezzo. E il pragmatismo, a volte, lascia un pò di sgomento. Non ora. Non a venti anni o poco più. E' presto per i calcoli, per le furbate e le ambite ascese sociali. E' ancora tempo di sogni, grandi speranze e tante illusioni.
Domenica sera. Davanti una focaccia stracolma di nduja, un cielo stellato e la bellezza di Santo Spirito quando non é piena di gente, bottiglie di birra ovunque e musica assordante, Licia mi dice che lei crede nel "lampi di luce" o nei "segni". Ultimamente ci credo anch'io. E le nostre strade sono così piene di lampi, di chiacchierate folgoranti e incontri che ci arricchiscono, che, a volte, neanche ce ne rendiamo conto.
E poi in questi mesi ho avuto molti scambi di opinioni ,nella "blogosfera",con una persona che mi ha permesso di capire molte cose circa il mio futuro indossare un camice bianco. Rapporto medico-paziente. Mille sfaccettature e altrettanti differenti punti di vista. Ma una, una sola verità. Che alcune sensazioni sono universali. Che la paura, il terrore della malattia, la voglia di lottare e di farcela non sono appendici del paziente. E che il medico può trovarsi spesso dall'altra parte della scrivania. Per questo e per altri motivi, é il caso che porti sempre, accanto al suo Littmann, un pò di sana Umanità. Quella che fa di lui un Medico. Non un semplice "tecnico della salute.
In attesa che nuovi, folgoranti bagliori di luce, rischiarino il mio cammino...
Sabato sera. Gli occhi sinceri delle mie amiche che mi dicono che a loro manco tanto. E mancate tanto anche a me. Ogni giorno mi sfiora il pensiero di come sarebbe stato ridere ancora a lezione o riuscire ad infilare qualche cretinata nelle più serie delle spiegazioni.
Ma é bello vedere che i destini universitari prendono ritmi, velocità, accelerazioni diverse. Ma quelli personali no. E nel nostro essere future donne e medichesse, vedo ancora quel groviglio di risate, belle speranze e ambizioni che tutte noi, messe insieme, ci portiamo.
E che s'incastra perfettamente. E ci consente di non menarci dopo una settimana di vacanza passata costantemente insieme e soprattutto vissuta gomito a gomito. E nel caso della casa a Scalea non é solo una metafora. Vi voglio bene. E il narghilé attende nuove avventure!
Pochi attimi fa. Conversazione su msn, circa le lotte, i mari in tempesta, le concezioni della vita.
E ancora chi, mesi fa, dopo avermi chiesto perché faccio medicina, torna a ispirarmi un pò di riflessione. Sulla vita, sul continuo lottare, sull'assoluta mancanza di un mare calmo, in gran parte delle nostre giornate.E capisco, sempre più, che non é un'esagerazione.
Che si tratti di acquisire un buon ritmo universitario, di portare avanti i propri obiettivi, di riuscire ad acciuffare un briciolo di serenità...tutto ciò richiede costanza, metodo, determinazione, forza. E una notevole indole al mettersi in gioco e a voler rischiare.
Dopo un mese trascorso nelle sabbie mobili, in quel caos calmo che, se potessi, prenderei a pugni e allontanerei dal mio microcosmo, devo ritornare alla tendenza Fernanda.
E a chi ha ispirato questa conversazione posso solo dire forza, forza, forza. Il traguardo é vicino e il successo pure. Sei sulla corsia di accelerazione. Una volta spiccato il volo, chi ti ferma più?
Aldilà delle incomprensioni, oltre i differenti modi di vedere le situazioni...la stima, l'empatia, la complicità nel dire cavolate, l'essere sempre noi stessi, senza vergognarsi di apparire presuntuosi quando si parla di sogni e ambizioni, permangono. E, forse, essere adulti é anche questo.
Pomeriggio della settimana scorsa in centro. Fra turisti giapponesi che pullulano in ogni dove, insulti al sistema dei blocchi universitari fiorentino, che bello scoprire che c'é tanto "idealismo umanitario" (te la rubo ,Lu, é un'espressione bellissima)in molti futuri medici. Insomma, che ci sia davvero, oltre agli invasati della corsa al denaro, chi vuole davvero curare una persona. Cercando la sua personale empatia con il paziente, rifuggendo dalle macchinazioni dei reparti. Partendo dall'Africa o dal proprio personale modo di fare medicina. Ricordandosi che, a volte, oltre ad auscultare, ci dovrebbe essere un pò di posto anche per l'ascolto. E che dietro le lenzuola bianche non si celano solo bronchiti e calcolosi. Ma anche grandi silenzi e inespresse solitudini.
E che bello appurare che essere idealisti non vuol dire non avere i piedi per terra. E che anche a qualcun'altro la parola compromesso fa alquanto ribrezzo. E il pragmatismo, a volte, lascia un pò di sgomento. Non ora. Non a venti anni o poco più. E' presto per i calcoli, per le furbate e le ambite ascese sociali. E' ancora tempo di sogni, grandi speranze e tante illusioni.
Domenica sera. Davanti una focaccia stracolma di nduja, un cielo stellato e la bellezza di Santo Spirito quando non é piena di gente, bottiglie di birra ovunque e musica assordante, Licia mi dice che lei crede nel "lampi di luce" o nei "segni". Ultimamente ci credo anch'io. E le nostre strade sono così piene di lampi, di chiacchierate folgoranti e incontri che ci arricchiscono, che, a volte, neanche ce ne rendiamo conto.
E poi in questi mesi ho avuto molti scambi di opinioni ,nella "blogosfera",con una persona che mi ha permesso di capire molte cose circa il mio futuro indossare un camice bianco. Rapporto medico-paziente. Mille sfaccettature e altrettanti differenti punti di vista. Ma una, una sola verità. Che alcune sensazioni sono universali. Che la paura, il terrore della malattia, la voglia di lottare e di farcela non sono appendici del paziente. E che il medico può trovarsi spesso dall'altra parte della scrivania. Per questo e per altri motivi, é il caso che porti sempre, accanto al suo Littmann, un pò di sana Umanità. Quella che fa di lui un Medico. Non un semplice "tecnico della salute.
In attesa che nuovi, folgoranti bagliori di luce, rischiarino il mio cammino...
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