giovedì, maggio 22, 2008

Dimmi senza un programma, dimmi come ci si sente...

E' una settimana che il cielo é triste. Che la pioggia scende silenziosa e il grigiore incupisce la città. E io mi sento stranamente felice. Stranamente, considerato quanto sono metereopatica e quanto la luce solare sia la mia principale fonte di energia. Forse sono stati i quattro giorni a Copenhagen. Una città stupenda, con i suoi canali nascosti, i palazzi colorati, la luce abbagliante, un sole inatteso. E poi sorrisi cordiali, volti sereni, ritmi di vita ordinati ma non mediocri e un profondo senso di rispetto e di legalità che respiri ovunque. E le case che sembrano quelle delle bambole, con i giardini curati e i papà che si rotolano nella sabbia con i bambini biondissimi. E gli studenti delle elementari che tornano a casa da soli, anche in una città. E la sensazione che forse realtà perfette, o che forse si avvicinano a ciò, possono davvero esistere. E l'ultimo giorno a Christiania. Un quartiere autogovernato, una città nella città, fondato da un gruppo di hippies che ha occupato vecchie costruzioni militari. Molto pittoresco. Pieno di turisti o gente del posto, che scelgono di passare la domenica pomeriggio ad addentrarsi per le stradine di una comunità indipendente. Forse il miraggio di chiunque, quando lo stress della routine, degli impegni e delle responsabilità si fa troppo pesante. Chi non vorrebbe non avere orari, scadenze? Chi non pagherebbe per non avere il terrore di deludere chi ci ama e, soprattutto, se stessi? Chi non desidererebbe trascorrere giornate a guardare il canale, ascoltare musica e ritrovarsi la sera, attorno ad un fuoco, a parlare di filosofia o arte?
Ma una volta uscita da Christiana, quando l'incisione in alto ti avverte che stai tornando nell'Unione europea, un pensiero si é impossessato di me. E mi ha accompagnato anche in questi giorni. E, forse, é un pò il leit motiv della mia vita. Che senza un programma, forse non saprei vivere. Che, nonostante mi ripeta ossessivamente che avrò sprecato più tempo a programmare che a fare altro, é più forte di me. Ho bisogno di un senso. Di un obiettivo da dare alle mie giornate. Che sia un esame, un sogno coltivato da anni, una passione nata da poco, le mie azioni, i miei passi hanno bisogno continuamente di linfa vitale. E, dunque, una vita passata a guardare il canale forse non la sopporterei. Forse la sfida é un'altra. Non voglio sentirmi frustrata se sarò un ottimo medico ma non un primario. Se riuscirò ad avere una famiglia ma non il tempo che vorrei da dedicarci. Non mi interessano i giri intorno al mondo. Spero solo di conservare l'entusiasmo e la passione. Quella che mi fa guardare le piantine del mio giardino e capire che un piccolo miracolo l'ho comunque compiuto. E il mio programma servirà a non sentirmi mai arrivata.

1 commento:

Stefania ha detto...

Copenhagen? Mannaggia a te ci separava soltanto unora di treno da Malmo.