Più di un mese fa scrissi di un buco nero.
Quello che, quando ti travolge, sa cancellarti dalla memoria com'era vivere al suo interno.
Più di un mese fa. E tante cose sono cambiate. Ho delle viti e dei bulloni nella schiena e dei fili di ferro nel piede. E, come nella più antica lezione della storia dell'umanità, ho scoperto che, quando la tua integrità fisica é messa a repentaglio, tutto quello che avevi prima ti sembrava il paradiso.Anche quel buco nero, anche quello che credevi vuoto. Ed invece era un mondo. Il tuo mondo.
Ma, come nelle migliori favole a lieto fine, il mio mondo non mi ha abbandonato un istante. Era lì quando, nelle prime, convulse ore in pronto soccorso, muovevo ostinatamente le gambe per assicurarmi che il midollo fosse salvo.
Era lì appena uscita dalla sala operatoria.
Era lì il giorno seguente e quelli dopo ancora.
Ed é un mondo fatto di sorrisi rassicuranti della mia famiglia, dell'amore di Riccardo, degli abbracci e delle battute delle mie straordinarie amiche, dell'affetto di chiunque sia stato lì con me.Anche solo per un attimo.
Ed ho avuto tanto, troppo tempo per pensare. Osservare la vita dall'esterno e avvertire la voglia, quasi spasmodica, di tuffarmici dentro. Di superare i limiti della vita finora conosciuta, di gettarmi a capofitto in nuove imprese, di fare del bene, con i miei limiti e le mie imperfezioni. E di non rimandare più un abbraccio, un momento speciale, una serata rilassante in nome di un senso disperato e malsano del dovere.
E' che ho una voglia nuova, rinnovata di viverla questa vita. Questa vita da adulti. Fatta di problemi, di frustazioni, di dubbi, di scelte difficili, di momenti di sconforto, di responsabilità. Ma anche di corse in motorino sotto la pioggia, di risate fino alle lacrime, di attimi in cui la felicità ti travolge e puoi solo restare inerme, di serenità inattese, di successi meritati.
E vivere é stato disperatamente bello anche da un letto in corsia. Quando il tuo organismo ti veniva incontro concedendoti un progresso in più, quando una carezza mi accompagnava nel sonno, quando osservavo gli uccelli volare e pensavo a quanto bello sarà quando spiccherò il mio di volo.
Quando tiravo su il lenzuolo, perché commuovermi era bello ma anche intimo.Ed era un momento solo mio.
Ed ora sono qui. Con le ossa rotte (e non é un eufemismo!) ma serena.
Pronta a vivere la mia primavera.