Mai come stamattina credo di aver capito bene questa dottrina di Nietzsche che tanto mi aveva affascinato al liceo. No no no!Non ho abbandonato i miei studi di medicina per darmi alla filosofia. Anzi, il mio bel libro di fisiologia é qui davanti a me a ricordarmi che il tempo incalza.
Ma c'é qualcosa oggi che mi ha riportato a questo concetto di filosofia che mi aveva letteralmente incantato e, come purtroppo faccio sempre, che adatto alle miei esigenze, magari snaturando il significato originale.
Ricordo che quello che più mi era piaciuto era il fatto che a ritornare non fosse qualche evento in particolare, che non dovesse esserci un monotono susseguirsi di fotogrammi già vissuti, esplorati, sentiti. Ma ciò che si ripeteva era il carattere della conflittualità. Tra valori, ideali, amibizioni e scopi.
E lasciamo perdere poi a quali conclusioni é arrivato Nietzsche, che posso condividere o meno.
Il punto é che io sento mia, quasi infiltrata in ogni singola fibra della mia esistenza, questa conflittualità che ritorna sistematicamente. Tra ciò che vorrei essere e i limiti della mia imperfezione. Tra l'intenzionalità delle mie azioni e, talvolta, gli scarsi successi della loro applicazione. Tra il volere, ostinatamente, impegnarsi e la voglia di fermarsi un attimo a riprendere fiato.
E cambiano le stagioni, cresco e divento un'altra io, ma la conflittualità ritorna. E si ripresenta sempre. E, di certo, mi permette di migliorarmi, di non accontentarmi mai.
E poi quest'eterno ritorno dell'uguale voglio interpretarlo anche in un modo più banale. Che non era certo quello che concepiva il filosofo! Avete presente i dejà-vu ?
Oggi ero alle prese con tutti i fantastici segreti del flusso ematico e l'afa, già quasi estiva, mi ha riportata a circa un anno fa. Quando ero in un'altra casa, con altri libri davanti a me. Ma gli stessi erano molti pensieri. Dal più banale "ce la farò mai a ripetere tutto?", alla stessa, grande soddisfazione per aver scelto medicina. Ecco, mi é sembrato un autentico attimo di vita già vissuto.Ed é stato allora che ho scavato in fondo di quello che mi sembrava un classico "ritorno dell'uguale"...certo lo scenario di questa mattina era lo stesso. Ma un anno fa ero un'altra io.
Io che non avevo dovuto affrontare tanti problemi, grandi e piccoli, io che non ero mai stata in una sala operatoria o che avevo affrontato tre mesi di reparto, per molti inutili, per me fondamentali per ritrovarmi e ritrovare la mia strada. Non avevo ancora legato così tanto con delle persone fantastiche che mi sono vicine quotidianamente. E non avrei potuto neanche immaginare che persone, lontane a km da me, mi potessero dare così tanto. Magari con una semplice mail o un sms inaspettato.
E mi é venuto da pensare che forse la vita é un pò tutta così. Dei grandi cicli che si compiono e, inevitabilmente, ci si ritrova a passare per sentieri già tracciati. Ma quando ci ripassi é quello che ti porti dentro che fa la differenza. E l'inevitabile confronto, é lo specchio più veritiero.
Una giovane idealista con tante illusioni ed una segreta, utopistica speranza...cercare, in piccolo e,per quanto possibile, di rendere questo posto il migliore dei mondi possibili!
domenica, maggio 27, 2007
domenica, maggio 20, 2007
L'odore dell'estate
Oggi tutto mi rimanda all'estate.I primi accenni di un caldo soffocante, l'odore di basilico in giardino, le voci dei bambini, la voglia irrefrenabile di essere al mare.E, come mi accade già da molti anni, di solito l'inizio di questa stagione si accompagna alla mia voglia di rinascita. Di cambiamento o di ricerca.Perché gli impegni quotidiani, la massacrante routine che di tranquillo ha solo l'apparente significato, i pensieri negativi e quelli opprimenti, gli assurdi sbalzi d'umore della sindrome primaverile, troppe volte ti allontanano da te stessa. Intendo dalla vera te stessa.Quella che, in realtà, con le mille contraddizioni e i lati indecifrabile, sei.Quella fatta di sogni, di ambizioni, di progetti a breve scadenza e di ideali a lunga conservazione.Spero, dunque, che davvero questo senso di rinascita possa rimanere in me. Quasi una sorta di riscatto per tutte le cose che mi sono persa in tutti questi mesi. Ed é il caso proprio di cominciare dal capitolo sull'emodinamica che mi aspetta sul tavolo. E di ricominciare a lottare. Che siano gli esami o tutto ciò che questa estate vorrà portarmi.
giovedì, maggio 17, 2007
Perché vuoi fare medicina?
Qualche giorno fa mi è stato chiesto, per l'ennesima volta, perché voglio essere un medico.
Ormai chiunque me l'ha domandato...dal giornalaio ai medici dei reparti che frequento che, vivamente, tendono a sottolineare che é una "vita violenta".
E più vado avanti, più mi accorgo che io una risposta non so darla.
Certe cose ce le hai dentro e basta. E' inutile cercare una genesi o tormentarsi nel vano tentativo di ricordare il giorno preciso in cui é nata una grande passione. Sai che, in fondo, é sempre stata lì, quasi in un angolo speciale del tuo cuore. E con te é cresciuta, é maturata, si é affinata dopo aver fatto l'esperienza dura, estenuante degli ostacoli, della sofferenza. E sai che lì rimarrà e, anzi, col tempo s'infiltrerà totalmente in te. Come sangue che non smette mai di pulsare. Linfa vitale che ti manderà costantemente avanti.
E potrei apportare le più varie motivazioni. Perché voglio fare medicina? Perché ho sempre messo gli altri avanti a me stessa, perché adoro la vita e , pertanto, diventa ,per me, un imperativo categorico difenderla, sostenerla, battermi al limite delle mie forze per salvaguardarla.
Perché ho visto troppe volte da vicino la sofferenza. E nello specifico quell'amara rassegnazione di chi non può più giocare alcuna sua carta. E mi sono giurata che mai, mai più avrei accettato la rassegnazione alla morte senza poter almeno provare a far qualcosa.
Perché fra le mie priorità assoluta c'é quella di essere un punto di riferimento per i miei futuri pazienti, un faro che riporti un pò di luce nel dramma della sofferenza, della paura generalizzata che la malattia comporta. E potrei continuare per altre 1000 pagine, senza trovare una risposta precisa. Posso solo aggiungere che oggi per me é stata una giornata importante. Anzi importantissima.
Sono entrata per la prima volta in sala operatoria. E mentre ero arrampicata dietro le spalle del chirurgo, mi é venuto da pensare a quanto una persona possa cambiare nell'arco solo di 30 secondi. E' bastato indossare una mascherina e una divisa verde, che mi stava notevolmente grande, per lasciare un enorme divario fra quella che ero e quella che sono diventata.
Non avrei mai creduto che la visione di sangue o di anse intestinali avrebbe potuto lasciarmi così fredda. O meglio fredda non lo ero e non lo sarò mai. Solo che mi sentivo lucida. E' questo il termine esatto. Lucida al punto che se in quel momento, per assurdo, ci fosse stato bisogno di fare qualcosa, avrei nascosto la paura in una taschina della divisa e mi sarei adoperata nel migliore dei modi. E mentre l'intervento stava per terminare e per il chirurgo e i suoi specializzandi era solo pura e semplice routine, uno dei 9 interventi della giornata, io avevo dentro una gioia immensa. Quasi insostenibile. Perché la forza, la grinta, la tenacia stanno prendendo il sopravvento su ogni mio timore. E mai questa strada mi é sembrata più luminosa...
Ormai chiunque me l'ha domandato...dal giornalaio ai medici dei reparti che frequento che, vivamente, tendono a sottolineare che é una "vita violenta".
E più vado avanti, più mi accorgo che io una risposta non so darla.
Certe cose ce le hai dentro e basta. E' inutile cercare una genesi o tormentarsi nel vano tentativo di ricordare il giorno preciso in cui é nata una grande passione. Sai che, in fondo, é sempre stata lì, quasi in un angolo speciale del tuo cuore. E con te é cresciuta, é maturata, si é affinata dopo aver fatto l'esperienza dura, estenuante degli ostacoli, della sofferenza. E sai che lì rimarrà e, anzi, col tempo s'infiltrerà totalmente in te. Come sangue che non smette mai di pulsare. Linfa vitale che ti manderà costantemente avanti.
E potrei apportare le più varie motivazioni. Perché voglio fare medicina? Perché ho sempre messo gli altri avanti a me stessa, perché adoro la vita e , pertanto, diventa ,per me, un imperativo categorico difenderla, sostenerla, battermi al limite delle mie forze per salvaguardarla.
Perché ho visto troppe volte da vicino la sofferenza. E nello specifico quell'amara rassegnazione di chi non può più giocare alcuna sua carta. E mi sono giurata che mai, mai più avrei accettato la rassegnazione alla morte senza poter almeno provare a far qualcosa.
Perché fra le mie priorità assoluta c'é quella di essere un punto di riferimento per i miei futuri pazienti, un faro che riporti un pò di luce nel dramma della sofferenza, della paura generalizzata che la malattia comporta. E potrei continuare per altre 1000 pagine, senza trovare una risposta precisa. Posso solo aggiungere che oggi per me é stata una giornata importante. Anzi importantissima.
Sono entrata per la prima volta in sala operatoria. E mentre ero arrampicata dietro le spalle del chirurgo, mi é venuto da pensare a quanto una persona possa cambiare nell'arco solo di 30 secondi. E' bastato indossare una mascherina e una divisa verde, che mi stava notevolmente grande, per lasciare un enorme divario fra quella che ero e quella che sono diventata.
Non avrei mai creduto che la visione di sangue o di anse intestinali avrebbe potuto lasciarmi così fredda. O meglio fredda non lo ero e non lo sarò mai. Solo che mi sentivo lucida. E' questo il termine esatto. Lucida al punto che se in quel momento, per assurdo, ci fosse stato bisogno di fare qualcosa, avrei nascosto la paura in una taschina della divisa e mi sarei adoperata nel migliore dei modi. E mentre l'intervento stava per terminare e per il chirurgo e i suoi specializzandi era solo pura e semplice routine, uno dei 9 interventi della giornata, io avevo dentro una gioia immensa. Quasi insostenibile. Perché la forza, la grinta, la tenacia stanno prendendo il sopravvento su ogni mio timore. E mai questa strada mi é sembrata più luminosa...
lunedì, maggio 14, 2007
Così poco per essere felici
Un sole caldo, quasi eccessivo per maggio, entra violentemente dalla mia finestra.
Nel parco vicino casa mia c'é un mucchio di fiori di tiglio che svolazzano ovunque. Quasi un'innaturale nevicata primaverile.
E intorno a me é tutto un brulicare di voci, di risate infantili, di saggezza senile.
E io mi sento protetta, sicura, serena. Perché tutto ciò che c'é intorno sembra riflettere il mio nuovo modo di affrontare le cose.
E non mi va più di perdermi in insicurezze. Sento una nuova forza che non so di preciso da dove viene. Ma so che mi sta sostenendo e che soffoca sotto di essa la fatica, la paura, i mille dubbi e timori.
Oggi andrò in reparto. E, come accade da una settimana a questa parte, nel tragitto il solito sole accecante mi prenderà in pieno. Quasi come se, in questo momento, aldilà delle auscultazioni e delle percussioni, un pò di sole in quel posto pieno di sofferenza devo portarlo anch'io.
Magari con un sorriso, magari con quel tocco delicato con cui ancora mi avvicino alle persone.
E ogni giorno mi convinco sempre di più che non c'é un altro posto per me. E che il mio credo non mi abbandonerà mai.
Nel parco vicino casa mia c'é un mucchio di fiori di tiglio che svolazzano ovunque. Quasi un'innaturale nevicata primaverile.
E intorno a me é tutto un brulicare di voci, di risate infantili, di saggezza senile.
E io mi sento protetta, sicura, serena. Perché tutto ciò che c'é intorno sembra riflettere il mio nuovo modo di affrontare le cose.
E non mi va più di perdermi in insicurezze. Sento una nuova forza che non so di preciso da dove viene. Ma so che mi sta sostenendo e che soffoca sotto di essa la fatica, la paura, i mille dubbi e timori.
Oggi andrò in reparto. E, come accade da una settimana a questa parte, nel tragitto il solito sole accecante mi prenderà in pieno. Quasi come se, in questo momento, aldilà delle auscultazioni e delle percussioni, un pò di sole in quel posto pieno di sofferenza devo portarlo anch'io.
Magari con un sorriso, magari con quel tocco delicato con cui ancora mi avvicino alle persone.
E ogni giorno mi convinco sempre di più che non c'é un altro posto per me. E che il mio credo non mi abbandonerà mai.
giovedì, maggio 03, 2007
Chi salva una vita, salva l'umanità...
Quanti modi ci sono per salvare una vita?
C'é il prof di chirurgia che con un catetere vescicale ha tramutato un addome dalla consistenza lignea in un addome trattabile. E c'é Licia che salva le zanzare agonizzanti, dicendo che in fondo anche quelle sono delle esistenze da rispettare.
E ci sono io che mi chiedo in quanti modi si salva una vita.
Posso studiare fino a perderci la testa, cercare di colmare ogni lacuna con qualche dotta nozione ma, inevitabilmente, sbaglierò. Perché la conoscenza ha dei limiti e i suoi confini sono, ahimé, definiti. E perché la morte, l'imprevedibilità sono tasselli della roulette. Prima o poi finisce che la pallina si ferma lì e a nulla é valso aver puntato, con tutte le tue certezze, su un altro finale.
E' una cosa risaputa.Ce lo ripeto dall'alba dei tempi. Di spersonalizzarci quanto basta, di non crederci dei santoni, di non vedere Dr House come il nostro guru. Ma é nell'anima di ognuno che si scatena, ogni giorno, una lotta intestina...e sono certa che quando vedrò una vita allontanarsi da una fredda camera operatoria, tanto spersonalizzata non sarò.
Ma voglio anche immaginarmi la gioia di salvare una vita. Di aver avuto l'intuizione giusta, di aver fatto la mossa esatta in tempo...e permettere così ad un papà di abbracciare i suoi figli o ad una ragazza di tornare a sperare. Si, forse si. In quel momento ti sembrerà di aver salvato l'umanità.
C'é il prof di chirurgia che con un catetere vescicale ha tramutato un addome dalla consistenza lignea in un addome trattabile. E c'é Licia che salva le zanzare agonizzanti, dicendo che in fondo anche quelle sono delle esistenze da rispettare.
E ci sono io che mi chiedo in quanti modi si salva una vita.
Posso studiare fino a perderci la testa, cercare di colmare ogni lacuna con qualche dotta nozione ma, inevitabilmente, sbaglierò. Perché la conoscenza ha dei limiti e i suoi confini sono, ahimé, definiti. E perché la morte, l'imprevedibilità sono tasselli della roulette. Prima o poi finisce che la pallina si ferma lì e a nulla é valso aver puntato, con tutte le tue certezze, su un altro finale.
E' una cosa risaputa.Ce lo ripeto dall'alba dei tempi. Di spersonalizzarci quanto basta, di non crederci dei santoni, di non vedere Dr House come il nostro guru. Ma é nell'anima di ognuno che si scatena, ogni giorno, una lotta intestina...e sono certa che quando vedrò una vita allontanarsi da una fredda camera operatoria, tanto spersonalizzata non sarò.
Ma voglio anche immaginarmi la gioia di salvare una vita. Di aver avuto l'intuizione giusta, di aver fatto la mossa esatta in tempo...e permettere così ad un papà di abbracciare i suoi figli o ad una ragazza di tornare a sperare. Si, forse si. In quel momento ti sembrerà di aver salvato l'umanità.
martedì, maggio 01, 2007
Buon primo maggio...
Quale primo maggio?
Quello del concerto al quale non ho potuto partecipare.
Quello del diluvio che ha inondato la città, già resa immobile dall'assenza dei trasporti.
Quella della retorica puramente italiana che dedica questo giorno alla lotta contro il precariato, ai morti sul lavoro, alle battaglie per estirpare il lavoro nero.
Quello dei 4 morti al giorno sul lavoro.
Quello della più grande contraddizione in termini che esista:andare a lavorare per vivere e, invece, morire sul posto di lavoro. Perché, oggi, nel pieno progresso dell'industria e della scienza, esistono ancora nastri trasportatori difettosi e pontili pericolanti. O, forse, perché esistono ancora troppi pochi controlli.E allora, chi se ne frega, se quell'amianto con cui ha lavorato una vita ti condannerà all'essere vittima del cancro.
Quello delle migliaia di persone che, sole e non salvaguardate dallo stato, si affidano al lavoro nero. Agli orari disumani di lavoro, alla poca sicurezza, al non avere mai un fondo pensione.
Quello di chi vive con la perenne angoscia della Cassa integrazione e lo spettro del taglio del personale.
Quello dei proletari e dei padroni. Si, perché, quelli esistono ancora. Solo che si chiamano precari e imprenditori.
Quello di chi ha studiato una vita, ha preso due lauree, ha fatto master e concorsi vari e si ritrova oggi a rompere le scatole alla gente. Con uno stipendio a fine mese appeso alla cornetta di un call center.
Quello delle menti, dei cervelli che dello studio hanno fatto il pane quotidiano e si trovano a dover fuggire all'estero pur di iniziare un progetto di ricerca.
Quello di chi ha lavorato trent'anni e, oggi, non sa se riuscirà ad arrivare al 27 di ogni mese.Tanto misera é la pensione.
Quello di chi prende il rinnovo di un contratto trimestrale come un 13 al totocalcio. Perché, in fondo sa che, fra i precari é quello che ha avuto più culo.
Quello di chi ancora ha tanti anni davanti, tante nozioni da fagocitare e traguardi da superare.
Ma già si chiede se troverà una sua collocazione nella giungla del lavoro.
E poi c'é il primo maggio di quello che é arrivato in Parlamento con i nobili favori dispensati, con tutti i posti di lavoro che ha assegnato e le giuste conoscenze che ha avuto.
E per lui il primo maggio é un giorno come un altro.Tanto sa che con quei 3 o 4 anni di presenze, magari anche scarse (tanto la politica non é che si fa come missione!) potrà cullarsi negli allori ( e negli euro!) tutta la vita.
E poi c'é il primo maggio di quelli che dicono che la situazione attuale deriva dall'aver aperto le frontiere a troppi extracomunitari, che sono loro a rubarci il lavoro, che l'apertura mentale ci ha condannato all'instabilità.E ,allora, buon primo maggio all'ipocrisia, alla mediocrità, all'insanabile malattia italiana...cercare il colpevole altrove per non guardarsi dentro.
Quello del concerto al quale non ho potuto partecipare.
Quello del diluvio che ha inondato la città, già resa immobile dall'assenza dei trasporti.
Quella della retorica puramente italiana che dedica questo giorno alla lotta contro il precariato, ai morti sul lavoro, alle battaglie per estirpare il lavoro nero.
Quello dei 4 morti al giorno sul lavoro.
Quello della più grande contraddizione in termini che esista:andare a lavorare per vivere e, invece, morire sul posto di lavoro. Perché, oggi, nel pieno progresso dell'industria e della scienza, esistono ancora nastri trasportatori difettosi e pontili pericolanti. O, forse, perché esistono ancora troppi pochi controlli.E allora, chi se ne frega, se quell'amianto con cui ha lavorato una vita ti condannerà all'essere vittima del cancro.
Quello delle migliaia di persone che, sole e non salvaguardate dallo stato, si affidano al lavoro nero. Agli orari disumani di lavoro, alla poca sicurezza, al non avere mai un fondo pensione.
Quello di chi vive con la perenne angoscia della Cassa integrazione e lo spettro del taglio del personale.
Quello dei proletari e dei padroni. Si, perché, quelli esistono ancora. Solo che si chiamano precari e imprenditori.
Quello di chi ha studiato una vita, ha preso due lauree, ha fatto master e concorsi vari e si ritrova oggi a rompere le scatole alla gente. Con uno stipendio a fine mese appeso alla cornetta di un call center.
Quello delle menti, dei cervelli che dello studio hanno fatto il pane quotidiano e si trovano a dover fuggire all'estero pur di iniziare un progetto di ricerca.
Quello di chi ha lavorato trent'anni e, oggi, non sa se riuscirà ad arrivare al 27 di ogni mese.Tanto misera é la pensione.
Quello di chi prende il rinnovo di un contratto trimestrale come un 13 al totocalcio. Perché, in fondo sa che, fra i precari é quello che ha avuto più culo.
Quello di chi ancora ha tanti anni davanti, tante nozioni da fagocitare e traguardi da superare.
Ma già si chiede se troverà una sua collocazione nella giungla del lavoro.
E poi c'é il primo maggio di quello che é arrivato in Parlamento con i nobili favori dispensati, con tutti i posti di lavoro che ha assegnato e le giuste conoscenze che ha avuto.
E per lui il primo maggio é un giorno come un altro.Tanto sa che con quei 3 o 4 anni di presenze, magari anche scarse (tanto la politica non é che si fa come missione!) potrà cullarsi negli allori ( e negli euro!) tutta la vita.
E poi c'é il primo maggio di quelli che dicono che la situazione attuale deriva dall'aver aperto le frontiere a troppi extracomunitari, che sono loro a rubarci il lavoro, che l'apertura mentale ci ha condannato all'instabilità.E ,allora, buon primo maggio all'ipocrisia, alla mediocrità, all'insanabile malattia italiana...cercare il colpevole altrove per non guardarsi dentro.
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