Titolo dedicato ai miei neuroni che surfano sulle circonvoluzioni cerebrali. E nessun riferimento alla canzone dei Baustelle, visto che io con quel Charlie che si disfa con mdma e paroxetina non c'ho proprio nulla in comune.
O forse dedicato a come mi sento in questo periodo. Come se surfassi libera tra le onde, godendomi in sole, la brezza marina, la bellezza dell'imprevisto. Cerco di godere della ricchezza di ogni attimo, dilatandolo quasi in maniera innaturale, cercando di fissarlo bene in mente. Non mi pongo grandi domande e non mi va di angosciarmi. Della riuscita di questo esame, dell'immensità del programma, delle scadenze da rispettare. Piuttosto voglio vivermi l'euforia di scoprire che l'ematologia mi piace un casino e che preparare strisci di sangue sarebbe proprio entusiasmante. E scusate per le mie battute a raffica e l'incapacità di affrontare grandi discorsi. Non c'é un reale motivo per essere allegri, non partirò per cieli lontani e la mia vita non ha subito grandi stravolgimenti. Ma ho un giardino che presto sarà pieno di fiori, delle amiche che sono il mio sole e un viaggio in Europa del nord alle porte. E poi un giorno alla settimana su un'ambulanza,ad emozionarmi se imparo a preparare i farmaci o le flebo, a chiacchierare di vita e politica con giovani e vecchi. E una città che comincio a sentire mia negli angoli, negli odori, nei binari di una tramvia che ancora non ho capito da dove passerà. E so che non é tanto. Non é tanto per me che vorrei sempre il meglio. Che vorrei riuscire meglio negli studi, impegnare il mio tempo libero in maniera più intelligente, essere più brillante e dinamica. Ma, per ora, basta. E questo clima di tranquilla, pacata euforia mi culla e mi protegge. E forse, come spesso, non mi accade, per ora non ho proprio nulla da chiedere.
Una giovane idealista con tante illusioni ed una segreta, utopistica speranza...cercare, in piccolo e,per quanto possibile, di rendere questo posto il migliore dei mondi possibili!
martedì, aprile 29, 2008
martedì, aprile 22, 2008
Uh signur!!!
Scrivo questo post dopo una lunga full immersion con quelle squilibrate delinquenti di Lucia e Maria.
Stamattina il trio Maria lapugliesecheparlatoscano, Lucia latoscanacheparlaromano, Fendi la lucanacheparlamilanese, si é ritrovato di buona ora per passare un'allegra mattinata insieme.
Obiettivo:studiare lo studiabile in biblio, evitando di dire cavolate. Il risultato é intuibile...studio nullo, battute a raffica e risate così forti da procurarci un'embolia polmonare gassosa.E il pomeriggio é continuato con la Lucilla fra studio (giusto un pò!), merende grasse, thè verde e battute alla Cetti che é la nostra vittima preferita.
Solo che questa giornata piovosa, apparentemente anonima, merita di essere ricordata. Per la spontaneità, la gioia, l'allegria che c'é stata e che, credo, continuerà ad esserci a lungo. E, anche se oggi le battute idiote si sprecano, non posso nascondere quello che ormai percepisco da tempo. Che non potevo desiderare amiche migliori, più vere, più autentiche nei momenti di delirio euforico e in quelli difficili. Che sono ormai pilastri della mia vita, senza le quali tutto sarebbe stato più grigio, più triste, più difficile.Ci sono state quando ho passato dei momenti neri, nei miei esaurimenti pre-esame, nei momenti di tristezza. A spronarmi, a farmi tirare fuori la forza, a soffiare sulle mie ali, affinchè potessi spiccare il volo da sola. E ci sono negli aperitivi in cui si urla a Fede "roba nuova!" e facciamo le figuracce da affamate, nelle gare in macchina in cui Lucia vince, nelle Firenze by night e nelle ipotetiche (!!!) grigliate che si faranno.E tutto é bello, spontaneo, immediato, senza filtri. E, forse, come non mi era quasi mai successo, non ho paura che tutto ciò finisca. Ho visto tante cose sfiorire, logorarsi, diventare pura consuetudine. Ho conosciuto l'amarezza delle delusioni, lo sgomento di non conoscere più chi mi era accanto, il terrore di nuovi buchi nell'acqua. Ma questa volta in ballo ci sono dei legami ben saldi. Perché quando si condividono paure, sogni, speranze, senza il timore di essere giudicati o il proposito di costruire delle barriere...beh, allora forse ogni incertezza svanisce e i legami continuano a cementarsi.
E ora sono qui, mentre la pioggia fuori non smette di scendere e a capire che non potevo desiderare nulla di meglio. Le mie amiche. Le mie stelle polari.
Stamattina il trio Maria lapugliesecheparlatoscano, Lucia latoscanacheparlaromano, Fendi la lucanacheparlamilanese, si é ritrovato di buona ora per passare un'allegra mattinata insieme.
Obiettivo:studiare lo studiabile in biblio, evitando di dire cavolate. Il risultato é intuibile...studio nullo, battute a raffica e risate così forti da procurarci un'embolia polmonare gassosa.E il pomeriggio é continuato con la Lucilla fra studio (giusto un pò!), merende grasse, thè verde e battute alla Cetti che é la nostra vittima preferita.
Solo che questa giornata piovosa, apparentemente anonima, merita di essere ricordata. Per la spontaneità, la gioia, l'allegria che c'é stata e che, credo, continuerà ad esserci a lungo. E, anche se oggi le battute idiote si sprecano, non posso nascondere quello che ormai percepisco da tempo. Che non potevo desiderare amiche migliori, più vere, più autentiche nei momenti di delirio euforico e in quelli difficili. Che sono ormai pilastri della mia vita, senza le quali tutto sarebbe stato più grigio, più triste, più difficile.Ci sono state quando ho passato dei momenti neri, nei miei esaurimenti pre-esame, nei momenti di tristezza. A spronarmi, a farmi tirare fuori la forza, a soffiare sulle mie ali, affinchè potessi spiccare il volo da sola. E ci sono negli aperitivi in cui si urla a Fede "roba nuova!" e facciamo le figuracce da affamate, nelle gare in macchina in cui Lucia vince, nelle Firenze by night e nelle ipotetiche (!!!) grigliate che si faranno.E tutto é bello, spontaneo, immediato, senza filtri. E, forse, come non mi era quasi mai successo, non ho paura che tutto ciò finisca. Ho visto tante cose sfiorire, logorarsi, diventare pura consuetudine. Ho conosciuto l'amarezza delle delusioni, lo sgomento di non conoscere più chi mi era accanto, il terrore di nuovi buchi nell'acqua. Ma questa volta in ballo ci sono dei legami ben saldi. Perché quando si condividono paure, sogni, speranze, senza il timore di essere giudicati o il proposito di costruire delle barriere...beh, allora forse ogni incertezza svanisce e i legami continuano a cementarsi.
E ora sono qui, mentre la pioggia fuori non smette di scendere e a capire che non potevo desiderare nulla di meglio. Le mie amiche. Le mie stelle polari.
sabato, aprile 19, 2008
Qualcuno era comunista
Qualcuno era comunista perché era nato in Emilia.
Qualcuno era comunista perché il nonno, lo zio, il papà. ... la mamma no.
Qualcuno era comunista perché vedeva la Russia come una promessa, la Cina come una poesia, il comunismo come il paradiso terrestre.
Qualcuno era comunista perché si sentiva solo.
Qualcuno era comunista perché aveva avuto una educazione troppo cattolica.
Qualcuno era comunista perché il cinema lo esigeva, il teatro lo esigeva, la pittura lo esigeva, la letteratura anche... lo esigevano tutti.
Qualcuno era comunista perché glielo avevano detto.
Qualcuno era comunista perché non gli avevano detto tutto.
Qualcuno era comunista perché prima… prima…prima… era fascista.
Qualcuno era comunista perché aveva capito che la Russia andava piano, ma lontano.
Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona.
Qualcuno era comunista perché Andreotti non era una brava persona.
Qualcuno era comunista perché era ricco ma amava il popolo.
Qualcuno era comunista perché beveva il vino e si commuoveva alle feste popolari.
Qualcuno era comunista perché era così ateo che aveva bisogno di un altro Dio.
Qualcuno era comunista perché era talmente affascinato dagli operai che voleva essere uno di loro.
Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di fare l’operaio.
Qualcuno era comunista perché voleva l’aumento di stipendio.
Qualcuno era comunista perché la rivoluzione oggi no, domani forse, ma dopodomani sicuramente.
Qualcuno era comunista perché la borghesia, il proletariato, la lotta di classe...
Qualcuno era comunista per fare rabbia a suo padre.
Qualcuno era comunista perché guardava solo RAI TRE.
Qualcuno era comunista per moda, qualcuno per principio, qualcuno per frustrazione.
Qualcuno era comunista perché voleva statalizzare tutto.
Qualcuno era comunista perché non conosceva gli impiegati statali, parastatali e affini.
Qualcuno era comunista perché aveva scambiato il materialismo dialettico per il Vangelo secondo Lenin.
Qualcuno era comunista perché era convinto di avere dietro di sé la classe operaia.
Qualcuno era comunista perché era più comunista degli altri.
Qualcuno era comunista perché c’era il grande partito comunista.
Qualcuno era comunista malgrado ci fosse il grande partito comunista.
Qualcuno era comunista perché non c’era niente di meglio.
Qualcuno era comunista perché abbiamo avuto il peggior partito socialista d’Europa.
Qualcuno era comunista perché lo Stato peggio che da noi, solo in Uganda.
Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di quarant’anni di governi democristiani incapaci e mafiosi.
Qualcuno era comunista perché Piazza Fontana, Brescia, la stazione di Bologna, l’Italicus, Ustica eccetera, eccetera, eccetera...
Qualcuno era comunista perché chi era contro era comunista.
Qualcuno era comunista perché non sopportava più quella cosa sporca che ci ostiniamo a chiamare democrazia.
Qualcuno credeva di essere comunista, e forse era qualcos’altro.
Qualcuno era comunista perché sognava una libertà diversa da quella americana.
Qualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri.
Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo. Perché sentiva la necessità di una morale diversa. Perché forse era solo una forza, un volo, un sogno; era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita.
Sì, qualcuno era comunista perché, con accanto questo slancio, ognuno era come... più di sé stesso. Era come... due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana e dall’altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita.
No. Niente rimpianti. Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare... come dei gabbiani ipotetici.
E ora? Anche ora ci si sente come in due. Da una parte l’uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana
e dall’altra il gabbiano senza più neanche l’intenzione del volo perché ormai il sogno si è rattrappito.
Due miserie in un corpo solo. G.Gaber
Monologo attualissim. Ora che la sinistra dovrebbe fare chiarezza alla luce di questa disfatta. Ora che ha più senso domandarsi perché il voto operaio, storicamente della sinistra radicale, sia andato tutto al senatùr. Perché il più alto tasso di astensionismo si registri fra i giovani che, alle precedenti elezioni, avevano votato a sinistra. Perché non si riesca più ad essere vicini alle folle, ai bisogni del popolo, alle esigenze del nuovo proletariato. Ecco. Forse avrebbe molta più importanza domandarsi questo che pensare ad un nuovo leader.
Perché non si risorge dalle proprie ceneri, recuperando la vecchia falce e martello.A meno che non si desiderino lunghi decenni di nani e promesse di secessioni.
Qualcuno era comunista perché il nonno, lo zio, il papà. ... la mamma no.
Qualcuno era comunista perché vedeva la Russia come una promessa, la Cina come una poesia, il comunismo come il paradiso terrestre.
Qualcuno era comunista perché si sentiva solo.
Qualcuno era comunista perché aveva avuto una educazione troppo cattolica.
Qualcuno era comunista perché il cinema lo esigeva, il teatro lo esigeva, la pittura lo esigeva, la letteratura anche... lo esigevano tutti.
Qualcuno era comunista perché glielo avevano detto.
Qualcuno era comunista perché non gli avevano detto tutto.
Qualcuno era comunista perché prima… prima…prima… era fascista.
Qualcuno era comunista perché aveva capito che la Russia andava piano, ma lontano.
Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona.
Qualcuno era comunista perché Andreotti non era una brava persona.
Qualcuno era comunista perché era ricco ma amava il popolo.
Qualcuno era comunista perché beveva il vino e si commuoveva alle feste popolari.
Qualcuno era comunista perché era così ateo che aveva bisogno di un altro Dio.
Qualcuno era comunista perché era talmente affascinato dagli operai che voleva essere uno di loro.
Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di fare l’operaio.
Qualcuno era comunista perché voleva l’aumento di stipendio.
Qualcuno era comunista perché la rivoluzione oggi no, domani forse, ma dopodomani sicuramente.
Qualcuno era comunista perché la borghesia, il proletariato, la lotta di classe...
Qualcuno era comunista per fare rabbia a suo padre.
Qualcuno era comunista perché guardava solo RAI TRE.
Qualcuno era comunista per moda, qualcuno per principio, qualcuno per frustrazione.
Qualcuno era comunista perché voleva statalizzare tutto.
Qualcuno era comunista perché non conosceva gli impiegati statali, parastatali e affini.
Qualcuno era comunista perché aveva scambiato il materialismo dialettico per il Vangelo secondo Lenin.
Qualcuno era comunista perché era convinto di avere dietro di sé la classe operaia.
Qualcuno era comunista perché era più comunista degli altri.
Qualcuno era comunista perché c’era il grande partito comunista.
Qualcuno era comunista malgrado ci fosse il grande partito comunista.
Qualcuno era comunista perché non c’era niente di meglio.
Qualcuno era comunista perché abbiamo avuto il peggior partito socialista d’Europa.
Qualcuno era comunista perché lo Stato peggio che da noi, solo in Uganda.
Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di quarant’anni di governi democristiani incapaci e mafiosi.
Qualcuno era comunista perché Piazza Fontana, Brescia, la stazione di Bologna, l’Italicus, Ustica eccetera, eccetera, eccetera...
Qualcuno era comunista perché chi era contro era comunista.
Qualcuno era comunista perché non sopportava più quella cosa sporca che ci ostiniamo a chiamare democrazia.
Qualcuno credeva di essere comunista, e forse era qualcos’altro.
Qualcuno era comunista perché sognava una libertà diversa da quella americana.
Qualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri.
Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo. Perché sentiva la necessità di una morale diversa. Perché forse era solo una forza, un volo, un sogno; era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita.
Sì, qualcuno era comunista perché, con accanto questo slancio, ognuno era come... più di sé stesso. Era come... due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana e dall’altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita.
No. Niente rimpianti. Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare... come dei gabbiani ipotetici.
E ora? Anche ora ci si sente come in due. Da una parte l’uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana
e dall’altra il gabbiano senza più neanche l’intenzione del volo perché ormai il sogno si è rattrappito.
Due miserie in un corpo solo. G.Gaber
Monologo attualissim. Ora che la sinistra dovrebbe fare chiarezza alla luce di questa disfatta. Ora che ha più senso domandarsi perché il voto operaio, storicamente della sinistra radicale, sia andato tutto al senatùr. Perché il più alto tasso di astensionismo si registri fra i giovani che, alle precedenti elezioni, avevano votato a sinistra. Perché non si riesca più ad essere vicini alle folle, ai bisogni del popolo, alle esigenze del nuovo proletariato. Ecco. Forse avrebbe molta più importanza domandarsi questo che pensare ad un nuovo leader.
Perché non si risorge dalle proprie ceneri, recuperando la vecchia falce e martello.A meno che non si desiderino lunghi decenni di nani e promesse di secessioni.
martedì, aprile 15, 2008
Reazioni a caldo
Oggi preferisco non scrivere nulla. Sarei un pò troppo impulsiva, forse rischierei di farmi fraintendere. Forse non vedrei le cose chiaramente, non sarei lucida, razionale. Forse non vedrei tutti i vantaggi di una sana opposizione o capirei a fondo una delle poche idee che ancora condivido con papà. Che da una sconfitta si impara più che da mille vittorie.
Forse sono troppo idealista, sognatrice, appassionata per la politica attuale. Forse intorno a me ci sono tante persone idealiste, sognatrici e appassionate. Che ancora condividono la poca diffusa idea, che un bene comune vada salvaguardato. Perciò, affiderò a questo blog, tutto ciò che sento nei prossimi giorni. E, nell'attesa che questo groviglio di emozioni, rabbia, disillusione, che si é fermato alla bocca dello stomaco, come un "ovosodo", si dissolva...vi lascio con un'amara consolazione: almeno la Garbatella (il quartiere dei Cesaroni!), é ancora un fiero quartiere di sinistra. E chi mi conosce, sa quanto per me questo sia importante!!!
Forse sono troppo idealista, sognatrice, appassionata per la politica attuale. Forse intorno a me ci sono tante persone idealiste, sognatrici e appassionate. Che ancora condividono la poca diffusa idea, che un bene comune vada salvaguardato. Perciò, affiderò a questo blog, tutto ciò che sento nei prossimi giorni. E, nell'attesa che questo groviglio di emozioni, rabbia, disillusione, che si é fermato alla bocca dello stomaco, come un "ovosodo", si dissolva...vi lascio con un'amara consolazione: almeno la Garbatella (il quartiere dei Cesaroni!), é ancora un fiero quartiere di sinistra. E chi mi conosce, sa quanto per me questo sia importante!!!
venerdì, aprile 11, 2008
Novità primaverili
Salve famiglia, questo è l' unico modo che ho per mostrarvi gli ultimi cambiamenti apportati alla mia già destabilizzata persona ;) Su, non è nulla ... il nero andrà via, prima o poi.
P.S.: Papà, non farti idee ancora più strane di me, mi raccomando!
P.P.S.: Da notare l' immancabile A-DI-ANARCHIA riportata sul bicchiere ...
P.P.P.S.: Non sono così strabica, è solo la foto eh!
Baci, Licia
martedì, aprile 08, 2008
Perché i ciliegi tornassero in fiore
"Da bambino volevo guarire i ciliegi
quando rossi di frutti li credevo feriti
la salute per me li aveva lasciati
coi fiori di neve che avevan perduti.
Un sogno, fu un sogno ma non durò poco
per questo giurai che avrei fatto il dottore
e non per un dio ma nemmeno per gioco:
perché i ciliegi tornassero in fiore,
perché i ciliegi tornassero in fiore."
Un medico, De André
Mi chiedo spesso come sarà essere un medico.Se quello che sogno, quello per cui sto lottando, quello che é la mia ragione di vita, sarà davvero come me lo aspetto. Se il mio idealismo verrà corrotto dalla vita, se quel misto di emozione, di trasporto, di empatia che avverto quando sono vicino ad una persona, lo sentirò anche fra vent'anni.
Se sarò all'altezza di questo immane compito, di guidare questa barca in cui ho voluto salirci con tutte le mie forze.
Poi mi fermo un attimo e mi guardo dall'esterno. Che grandissima fortuna, forse immeritata. Quella di sapere già da tempo cosa mi avrebbe reso felice, verso che obiettivo indirizzare tutti i miei sforzi. E la cosa che più mi lascia a bocca aperta é che più vado avanti, più capisco che non ci poteva essere vita più bella. Essere costantemente a contatto con le persone, diventare un punto di riferimento e,allo stesso tempo, imparare da ogni sguardo, ogni racconto di vita, ogni parola sussurrata. E poi l'innegabile vantaggio di non sentirsi mai arrivati.Con il perenne imperativo categorico di continuare ad imparare.
Non so che medico sarò. Se i miei pazienti mi rivolgeranno i loro migliori sorrisi, se riuscirò a stabilire un immediato contatto, ad essere razionale ma far sentire anche il mio calore.
Non so se le paure, il timore dell'indeguatezza ci saranno sempre. E non so neppure se arriverò davvero dove voglio. Ma quello che so é che questi lunghi anni che mi attendono, mi aiuteranno a tracciare un mio personale, personalissimo percorso.
Quante volte dovrò perdere, quante volte mi sentirò inerme davanti l'ineluttabile, quante volte sarò stanca di un sistema che non guarda al paziente come uomo, quante volte sarò afflitta o semplicemente mi chiederò perché non ho scelto una vita più facile. Ma, semplicemente, non si ha scelta quando già sai cosa farai del tuo futuro, ancor prima di chiedertelo.
Da piccola andavo dalla vicina con l'acqua ossigenata, pretendendo di curare le sue gambe beccate dalle galline. E, ora sono qui ad imparare come curare. E i dubbi, le giornate scure, anche gli ostacoli che non avevo previsto, sono parti del viaggio. Un viaggio che diventa ogni giorno più emozionante.
quando rossi di frutti li credevo feriti
la salute per me li aveva lasciati
coi fiori di neve che avevan perduti.
Un sogno, fu un sogno ma non durò poco
per questo giurai che avrei fatto il dottore
e non per un dio ma nemmeno per gioco:
perché i ciliegi tornassero in fiore,
perché i ciliegi tornassero in fiore."
Un medico, De André
Mi chiedo spesso come sarà essere un medico.Se quello che sogno, quello per cui sto lottando, quello che é la mia ragione di vita, sarà davvero come me lo aspetto. Se il mio idealismo verrà corrotto dalla vita, se quel misto di emozione, di trasporto, di empatia che avverto quando sono vicino ad una persona, lo sentirò anche fra vent'anni.
Se sarò all'altezza di questo immane compito, di guidare questa barca in cui ho voluto salirci con tutte le mie forze.
Poi mi fermo un attimo e mi guardo dall'esterno. Che grandissima fortuna, forse immeritata. Quella di sapere già da tempo cosa mi avrebbe reso felice, verso che obiettivo indirizzare tutti i miei sforzi. E la cosa che più mi lascia a bocca aperta é che più vado avanti, più capisco che non ci poteva essere vita più bella. Essere costantemente a contatto con le persone, diventare un punto di riferimento e,allo stesso tempo, imparare da ogni sguardo, ogni racconto di vita, ogni parola sussurrata. E poi l'innegabile vantaggio di non sentirsi mai arrivati.Con il perenne imperativo categorico di continuare ad imparare.
Non so che medico sarò. Se i miei pazienti mi rivolgeranno i loro migliori sorrisi, se riuscirò a stabilire un immediato contatto, ad essere razionale ma far sentire anche il mio calore.
Non so se le paure, il timore dell'indeguatezza ci saranno sempre. E non so neppure se arriverò davvero dove voglio. Ma quello che so é che questi lunghi anni che mi attendono, mi aiuteranno a tracciare un mio personale, personalissimo percorso.
Quante volte dovrò perdere, quante volte mi sentirò inerme davanti l'ineluttabile, quante volte sarò stanca di un sistema che non guarda al paziente come uomo, quante volte sarò afflitta o semplicemente mi chiederò perché non ho scelto una vita più facile. Ma, semplicemente, non si ha scelta quando già sai cosa farai del tuo futuro, ancor prima di chiedertelo.
Da piccola andavo dalla vicina con l'acqua ossigenata, pretendendo di curare le sue gambe beccate dalle galline. E, ora sono qui ad imparare come curare. E i dubbi, le giornate scure, anche gli ostacoli che non avevo previsto, sono parti del viaggio. Un viaggio che diventa ogni giorno più emozionante.
venerdì, aprile 04, 2008
Amici miei
Gli occhi si chiudono e questo post non spiccherà certo per i periodi brillanti, dato il sonno che ho! Ma non potevo andare a recuperare le ore di sonno perdute, senza prima scrivere di ieri sera.
Che dire?Ogni volta che tutta la truppa si trova, c'é qualcosa da scrivere. E forse sarò ripetitiva, forse scriverò sempre le stesse cose, ma a volte mi viene da pensare a quanto sono stata fortunata.
Prima dell'inizio dell'avventura universitaria ,credevo di trovare davvero completamente un altro contesto. Con un pò di tendenza alla generalizzazione, credevo che gli studenti di medicina fossero tutti fra lo snob e i deliri di onnipotenza. Immaginavo che sarebbe stata una corsa ad ostacoli in cui, oltre a pensare a quanto arduo é il percorso, devi impiegare una massiccia dose di energia a sgomitare.
E poi venivo da un periodo di grandi delusioni di amicizia. Credevo quasi che lo scetticismo e un cinismo, tutto nuovo per me, avessero la meglio.
E, invece, quando ho conosciuto, a poco a poco, tutti gli elementi della truppa, ho cominciato ad abbassare le difese. E a capire che forse il meglio doveva ancora arrivare. Sono nate grandi, grandissime amicizie, altre che forse rimarranno più in superficie, come sempre accade nella vita.E ogni volta ritrovarsi, puntualmente tutti brilli, a ridere e a fare casino, é sempre come trovarsi per la prima volta. E mi accorgo quanto ancora c'é da scoprire in ognuno di loro, quanto ogni persona abbia dentro un mondo affascinante, quanto bello sia affrontare tutto questo con loro.
Chi non c'é dentro non lo può capire. Cosa significa studiare con il senso di responsabilità. Perché tutto quello che salti danneggerà il futuro medico che in te e, soprattutto, i futuri pazienti.
Cosa voglia dire, vivere con l'angoscia dei blocchi, dei regolamenti che cambiano ogni anno, dei punti della tesi che vengono ridotti, del dilemma sulle specializzazioni. Del chiedersi, ostinatamente ogni singolo istante, se sarai all'altezza di questo compito.
A medicina diventi adulto appena ci metti piede. E, a poco a poco, ti rubano tutto: il tempo, i passatempi, le giornate passate al sole, la serenità. Ma, come non mi stancherò mai di dire, forse ti dà ancora molto di più. E la dimostrazione palese é vedere, VEDERCI, con gli occhi pieni di sole, man mano che ci avviciniamo al traguardo e alla consapevolezza di che vita emozionante sia questa qua.
E pazienza se, come dice la Bea, nessuno ci aveva detto che non é come a Grey's Anatomy.Che non ci sono i chirughi belli, gli intrighi amorosi e le sbronze ogni sera. Noi beviamo una sera e il giorno dopo é un casino.
E pazienza se, a volte mi maledico per non aver scelto una città in cui tutto sarebbe stato più facile. Non avrei conosciuto tutti questi raggi di sole.E questo basta, basta davvero, a riscaldere una vita certe volte troppo in salita.
Che dire?Ogni volta che tutta la truppa si trova, c'é qualcosa da scrivere. E forse sarò ripetitiva, forse scriverò sempre le stesse cose, ma a volte mi viene da pensare a quanto sono stata fortunata.
Prima dell'inizio dell'avventura universitaria ,credevo di trovare davvero completamente un altro contesto. Con un pò di tendenza alla generalizzazione, credevo che gli studenti di medicina fossero tutti fra lo snob e i deliri di onnipotenza. Immaginavo che sarebbe stata una corsa ad ostacoli in cui, oltre a pensare a quanto arduo é il percorso, devi impiegare una massiccia dose di energia a sgomitare.
E poi venivo da un periodo di grandi delusioni di amicizia. Credevo quasi che lo scetticismo e un cinismo, tutto nuovo per me, avessero la meglio.
E, invece, quando ho conosciuto, a poco a poco, tutti gli elementi della truppa, ho cominciato ad abbassare le difese. E a capire che forse il meglio doveva ancora arrivare. Sono nate grandi, grandissime amicizie, altre che forse rimarranno più in superficie, come sempre accade nella vita.E ogni volta ritrovarsi, puntualmente tutti brilli, a ridere e a fare casino, é sempre come trovarsi per la prima volta. E mi accorgo quanto ancora c'é da scoprire in ognuno di loro, quanto ogni persona abbia dentro un mondo affascinante, quanto bello sia affrontare tutto questo con loro.
Chi non c'é dentro non lo può capire. Cosa significa studiare con il senso di responsabilità. Perché tutto quello che salti danneggerà il futuro medico che in te e, soprattutto, i futuri pazienti.
Cosa voglia dire, vivere con l'angoscia dei blocchi, dei regolamenti che cambiano ogni anno, dei punti della tesi che vengono ridotti, del dilemma sulle specializzazioni. Del chiedersi, ostinatamente ogni singolo istante, se sarai all'altezza di questo compito.
A medicina diventi adulto appena ci metti piede. E, a poco a poco, ti rubano tutto: il tempo, i passatempi, le giornate passate al sole, la serenità. Ma, come non mi stancherò mai di dire, forse ti dà ancora molto di più. E la dimostrazione palese é vedere, VEDERCI, con gli occhi pieni di sole, man mano che ci avviciniamo al traguardo e alla consapevolezza di che vita emozionante sia questa qua.
E pazienza se, come dice la Bea, nessuno ci aveva detto che non é come a Grey's Anatomy.Che non ci sono i chirughi belli, gli intrighi amorosi e le sbronze ogni sera. Noi beviamo una sera e il giorno dopo é un casino.
E pazienza se, a volte mi maledico per non aver scelto una città in cui tutto sarebbe stato più facile. Non avrei conosciuto tutti questi raggi di sole.E questo basta, basta davvero, a riscaldere una vita certe volte troppo in salita.
mercoledì, aprile 02, 2008
Un altro anno qui...
Sembra un incipit abbastanza pessimistico!E invece, ora come ora, sembra non ci sia nulla di cui lamentarsi. Ma, in questi giorni, di frenesia pre-domanda erasmus, queste riflessioni erano dovute.
Non partirò l'anno prossimo. L'anno che sarà pieno zeppo di esami, che mi vedrà finalmente faccia a faccia con la medicina vera, lo passerò qui.L'anno che sto attendendo da tanto, non lo vivrò all'ombra della Tour ma in questa città, che ormai sento come mia.
No, non é stata una scelta avventata, una classica rinuncia dell'ultimo minuto. Ci ho pensato anche quando mi ero imposta di non pensarci, anche durante le giornate in cui lo scoglio di fisiologia doveva essere il mio unico pensiero,anche nelle settimane in cui il relax doveva essere la mia unica attività. E, come spesso, mi succede da un pò di tempo a questa parte, non avverto più il pentimento, i rimorsi, i rimpianti. Sto plasmando la mia vita su scelte ponderate. E all'avventatezza prende il sopravvento la riflessione.
Ormai vedo il futuro quinto anno, il tirocinio, gli esamoni grossi che tutti cercano di non dare in Italia, come la scelta più giusta per partire, per rimandare di un anno quella che sarà la mia più grande possibilità di studio.
Ma non é stata una scelta facile quella di restare. Soprattutto quando, da un pò di tempo a questa parte, ti vedevi l'anno prossimo in una terra lontana, sola ma felice e con una vita tutta da inventare. Non é facile quando, da ormai tanti mesi, il tuo libro di grammatica francese ti fa compagnia, ricordandoti che quella lingua fantastica pulsa ancora dentro te.Non é facile quando vedrai le tue amiche partire, ad una ad una. E dover metabolizzare il fatto che, per un anno, non saranno sempre presenti in biomedica, nelle lunghe chiacchierate telefoniche, nelle Firenze by night.
Non é facile soprattutto in quei momenti in cui questa vita, bella e serena, mi va troppo stretta.E allora avrei voglia di prendere la valigia e vedere se riesco a ricominciare da qualche parte. Nuova lingua, nuovi volti, nuovi posti in cui andare a scrivere e nuove battaglie.
Ma, ormai, é da un pò che mi sono abituata ai cambiamenti. E l'anno prossimo io sarò qui. Forse un pò più sola o forse un pò più felice. A capire cosa vorrò davvero fare dopo la laurea, a cercare di crearmi nuovi interessi che mi facciano sentire costantemente viva. E attenderò, attenderò con pazienza il giorno in cui avrò in mano il mio biglietto verso cieli lontani. Sognando magari di innamorarmi di quel paese e non tornare davvero più...
Non partirò l'anno prossimo. L'anno che sarà pieno zeppo di esami, che mi vedrà finalmente faccia a faccia con la medicina vera, lo passerò qui.L'anno che sto attendendo da tanto, non lo vivrò all'ombra della Tour ma in questa città, che ormai sento come mia.
No, non é stata una scelta avventata, una classica rinuncia dell'ultimo minuto. Ci ho pensato anche quando mi ero imposta di non pensarci, anche durante le giornate in cui lo scoglio di fisiologia doveva essere il mio unico pensiero,anche nelle settimane in cui il relax doveva essere la mia unica attività. E, come spesso, mi succede da un pò di tempo a questa parte, non avverto più il pentimento, i rimorsi, i rimpianti. Sto plasmando la mia vita su scelte ponderate. E all'avventatezza prende il sopravvento la riflessione.
Ormai vedo il futuro quinto anno, il tirocinio, gli esamoni grossi che tutti cercano di non dare in Italia, come la scelta più giusta per partire, per rimandare di un anno quella che sarà la mia più grande possibilità di studio.
Ma non é stata una scelta facile quella di restare. Soprattutto quando, da un pò di tempo a questa parte, ti vedevi l'anno prossimo in una terra lontana, sola ma felice e con una vita tutta da inventare. Non é facile quando, da ormai tanti mesi, il tuo libro di grammatica francese ti fa compagnia, ricordandoti che quella lingua fantastica pulsa ancora dentro te.Non é facile quando vedrai le tue amiche partire, ad una ad una. E dover metabolizzare il fatto che, per un anno, non saranno sempre presenti in biomedica, nelle lunghe chiacchierate telefoniche, nelle Firenze by night.
Non é facile soprattutto in quei momenti in cui questa vita, bella e serena, mi va troppo stretta.E allora avrei voglia di prendere la valigia e vedere se riesco a ricominciare da qualche parte. Nuova lingua, nuovi volti, nuovi posti in cui andare a scrivere e nuove battaglie.
Ma, ormai, é da un pò che mi sono abituata ai cambiamenti. E l'anno prossimo io sarò qui. Forse un pò più sola o forse un pò più felice. A capire cosa vorrò davvero fare dopo la laurea, a cercare di crearmi nuovi interessi che mi facciano sentire costantemente viva. E attenderò, attenderò con pazienza il giorno in cui avrò in mano il mio biglietto verso cieli lontani. Sognando magari di innamorarmi di quel paese e non tornare davvero più...
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