martedì, aprile 08, 2008

Perché i ciliegi tornassero in fiore

"Da bambino volevo guarire i ciliegi
quando rossi di frutti li credevo feriti
la salute per me li aveva lasciati
coi fiori di neve che avevan perduti.

Un sogno, fu un sogno ma non durò poco
per questo giurai che avrei fatto il dottore
e non per un dio ma nemmeno per gioco:
perché i ciliegi tornassero in fiore,
perché i ciliegi tornassero in fiore."
Un medico, De André

Mi chiedo spesso come sarà essere un medico.Se quello che sogno, quello per cui sto lottando, quello che é la mia ragione di vita, sarà davvero come me lo aspetto. Se il mio idealismo verrà corrotto dalla vita, se quel misto di emozione, di trasporto, di empatia che avverto quando sono vicino ad una persona, lo sentirò anche fra vent'anni.
Se sarò all'altezza di questo immane compito, di guidare questa barca in cui ho voluto salirci con tutte le mie forze.
Poi mi fermo un attimo e mi guardo dall'esterno. Che grandissima fortuna, forse immeritata. Quella di sapere già da tempo cosa mi avrebbe reso felice, verso che obiettivo indirizzare tutti i miei sforzi. E la cosa che più mi lascia a bocca aperta é che più vado avanti, più capisco che non ci poteva essere vita più bella. Essere costantemente a contatto con le persone, diventare un punto di riferimento e,allo stesso tempo, imparare da ogni sguardo, ogni racconto di vita, ogni parola sussurrata. E poi l'innegabile vantaggio di non sentirsi mai arrivati.Con il perenne imperativo categorico di continuare ad imparare.

Non so che medico sarò. Se i miei pazienti mi rivolgeranno i loro migliori sorrisi, se riuscirò a stabilire un immediato contatto, ad essere razionale ma far sentire anche il mio calore.
Non so se le paure, il timore dell'indeguatezza ci saranno sempre. E non so neppure se arriverò davvero dove voglio. Ma quello che so é che questi lunghi anni che mi attendono, mi aiuteranno a tracciare un mio personale, personalissimo percorso.
Quante volte dovrò perdere, quante volte mi sentirò inerme davanti l'ineluttabile, quante volte sarò stanca di un sistema che non guarda al paziente come uomo, quante volte sarò afflitta o semplicemente mi chiederò perché non ho scelto una vita più facile. Ma, semplicemente, non si ha scelta quando già sai cosa farai del tuo futuro, ancor prima di chiedertelo.
Da piccola andavo dalla vicina con l'acqua ossigenata, pretendendo di curare le sue gambe beccate dalle galline. E, ora sono qui ad imparare come curare. E i dubbi, le giornate scure, anche gli ostacoli che non avevo previsto, sono parti del viaggio. Un viaggio che diventa ogni giorno più emozionante.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Un augurio sincero da un tuo collega (più piccolo, a dir il vero), che non ti conosce ma che condivide le tue stesse paure e le tue stesse speranze.

scrivereconlaluce ha detto...

un augurio con affetto da una tua collega di 30 anni. la risposta ai tuoi chissà è si, ce la farai. sentirai tutto, lo sentirai tanto, a volte peserà, comunque merita. non è un mestiere ma una scelta di vita. ti abbraccio.