Mi é ritornata ultimamente la passione per i libri di Diego Cugia, la mente di Alcatraz...una delle tante vittime della censura alla quale é stata sottoposta la Rai.E' l'unico modo(oltre agli articoli sull'Unità) per ascoltare la sua voce fuori dal coro, la sua satira tagliente, per cogliere la sua denuncia continua contro una società che troppo spesso non va. Questo é uno dei suoi discorsi più belli "La notte degli albatros" (c'é anche la poesia "il viaggio" di Baudelaire!), lo piazzo qui mentre aspetto con ansia un futuro televisivo migliore.. Discorso Diego Cugia 18-5-2002 (Roma, ex Mattatoio di Testaccio) Notte degli Albatros
Siamo qui per un sogno: il sogno di poter tornare a sognare. Mi basta guardarvi per essere certo che nessuno potrà mai seppellire i nostri sogni. Siamo tutti soli, siamo tutti diversi, ma siamo tutti insieme e condividiamo molte speranze, molte paure, molti ideali. Alcatraz è una patria comune.Ho cercato questa patria comune facendo un viaggio dentro me stesso. Siamo Noi le nostre Alcatraz. Migliaia e migliaia di Alcatraz con tante celle con dentro migliaia di "Io". Ci sono Io Presentabili ed Io Impresentabili. Quando andiamo in giro per le strade, scegliamo quasi sempre d'indossare la nostra personalità più presentabile, l'Io da passeggio, o l'Io vestito da sera. Quello che ha maggiori possibilità di sopravvivere, forse perchè è la nostra coscienza più mediocre, quella che dice sempre "Sì" o "Ni", quella che abbassa gli occhi di fronte alle ingiustizie, alla corruzione, alla miseria e al dolore degli oppressi, dei diversi, dei deboli "perchè non ti conviene; perchè ti metti nei guai; perchè va' con chi vince; perchè sta zitto e fregatene, in fondo non sono affari tuoi. Ma la stoffa di questo "Io" da passeggio poi ci soffoca, è una seta gelida, un'anima morta. L'Italia è piena di questi sudari che camminano. Allora noi abbiamo cercato caldo all'inferno, perchè siamo partiti alla ricerca di Jack, il "nostro" Jack: quello rinchiuso al buio in una gabbia così inaccessibile che nessuno lo potesse sentire, perchè era stato "cattivo", il più cattivo di tutti noi "Io". Jack quello che dice sempre No, l'insolente, il vagabondo, il sognatore, il ribelle, il rompiballe, la nostra personalità più impresentabile, quello che se non riesce a farsi amare si fa odiare, quello che "tu finirai male, figlio mio"; Jack l'ultimo della classe, il guastafeste, capace d'ingraziarsi i potenti e, quando è in cima ai loro favori, di sbeffeggiarli, ma nessuno lo potrà mai capire perchè è un gioco a perdere, un calcio al Potere. Jack, la luna nera. Il condannato. …Ma anche l'uomo capace di sognare di essere un albatro e di volare verso un sole d'oro.Per questo, dovevamo dargli un microfono. E per questo, stasera, siete così in tanti.Solo chi è stato profondamente al buio poteva immaginare una notte così bianca.Dare il microfono all'Io che teniamo in prigione nel nostro braccio della morte, costituisce un rischio altissimo, per i vecchi noi stessi, per i compromessi che Jack ci farà esplodere dentro, e per la mediocre società, quella che o lo deride, o lo disprezza, o l'ignora; perchè Jack è un italiano fuori posto, non etichettabile, quindi incontrollabile e capace di una rivoluzionaria tenerezza sociale. Jack è pericoloso perchè si fa continue domande, mentre per noi sono pericolosi quei giornalisti che non se le fanno più, e soprattutto quei governanti che non hanno mai dubbi. Siamo ricaduti nell'Italia che si fida dei punti esclamativi di un uomo solo. Jack preferisce continuare a fidarsi dei punti interrogativi di tutti. Peppino Impastato aveva dato il microfono al suo Jack. Falcone e Borsellino l'avevano dato. Anche Che Guevara, soprattutto quando rinunciò agli onori politici di Cuba, per combattere un sogno d'altri. Da noi, un secolo prima, l'aveva già sognato e realizzato Garibaldi. Era la stessa fede politica che univa personaggi così diversi? Forse Borsellino e Impastato votavano per lo stesso partito? No. Thomas Eliot, in un verso infinito di tre parole, si chiede: "Oserò turbare l'universo?" Il verbo che unisce questi uomini liberi è "osare". Osare di turbare l'universo mafia …è un bell'osare. Soprattutto oggi.Interessa? … Interessa? …(Lo sospettavo)Jack Folla non è un black-block. Chi agisce violentemente in quel modo all'esterno è un'altra di quelle "personalità in vestito da sera". Gli "Io" vestiti da sera non sono necessariamente griffati Valentino. Sono le divise di quei poliziotti che manganellano una ragazza con le mani al cielo, o la tuta nera di un black-block che brucia un'automobile o una banca. Ma anche una camicia verde che impreca contro gli stranieri, accusandoli del delitto di non essersi integrati, un delitto che lui per primo ha commesso: non essendo riuscito neanche a integrarsi con se stesso. Questa gente, di cui l'Europa si sta pericolosamente affollando, è straniera a se stessa, agisce esternamente quello che dovrebbe provocarsi internamente: incendiarsi le certezze assolute, manganellare e limare le sbarre della propria prigione per far evadere il loro extracomunitario Jack. Liberarsi. Ma loro, credendo di liberarsi, cacciano fuori sempre la persona sbagliata. Gli altri.Anche l'Italia ormai è sempre più scissa, proprio come le nostre personalità; un Paese spaccato in due anche da un Presidente del Consiglio che promette di sognare per tutti ma che poi sogna solo se stesso. Ma così viaggia solo in superficie, "sulla cresta dell'onda", e l'Italia di oggi è diventata la sua scia. La Repubblica di MastroLindo, come cantava profeticamente De Gregori.A questa Italia delle apparenze, il Paese in cui la Pubblicità è Dio, la Religione i Soldi; …all'Italia delle Chiese dei Sondaggi, delle televisioni a pensiero unificato, dei Vip che applaudono i Vip, Jack Folla, dalla periferia di tutto, ha lanciato la sua piccola, grande sfida: comunicare in modo trasparente. Mettere in piazza, prima di denunciare quelli altrui, i propri orrori; mettere in dubbio, autoironicamente, le proprie presunte "verità"; non approfittare del seducente, tremendo potere di suggestione della radio e della TV; mettere in guardia chi ti ascolta anche da te che parli, non "fottere" il pubblico: e se proprio non resisti, cercare di farci l'amore. La sfida era quella di non scindersi mai. C'era un famoso programma alla radio, tanti anni fa; un personaggio-mattatore si confrontava col pubblico; il titolo era "Voi e io". Alcatraz ha aggiunto solo un accento: Voi È io. Ma come evitare, a questo punto, il rischio d'onnipotenza? L'unico sistema che conosco (e consiglierei anche al potere politico attuale) è quello di sottoporsi al giudizio di una magistratura alla quale davvero non ci si dovrebbe sottrarre mai, non fosse altro per stile: e anche lei, la magistratura, siamo sempre noi. Così come noi siamo la libera informazione italiana. Noi siamo diritti e doveri. Privilegi e soprusi. Nord e Sud. Siamo Bergamo e Messina. Siamo Gerusalemme ferita. Noi siamo l'ebreo e il palestinese. E siamo l'impotenza dell'Onu. Siamo solo noi che proiettiamo il mondo che vediamo, scisso proprio come siamo scissi noi, -noi carnefici, noi vittime-, mentre invece continuiamo ad attribuirci solo la regia delle cose che ci piacciono e a disconoscere e a rinfacciarci la paternità dei film che non ci piacciono, ma quando questo lo fanno addirittura i ministri e i capi di Stato, allora è un vero guaio. Una tragedia che si chiama, per esempio, torri gemelle di Manhattan. L'esplosione di una scissione dell'Io collettivo del mondo. Perchè se tu hai una doppia coscienza, e con la prima vendi armi batteriologiche, per esempio, all'Irak; non puoi gridare con la seconda coscienza al pericolo di una guerra batteriologica e attaccare l'Irak. Questo intendo per scissione dell'Io collettivo. La conseguenza, -l'esplosione del sintomo-, è Manhattan. E se anche questa tragedia la tratti come causa del male, allora intervieni "chirurgicamente" sull'Afganistan, ma non curi, al contrario, il malato mondo peggiora, perchè continui a dividere il suo Io.In questi tre anni di Alcatraz, avevo un desiderio: far evadere Jack. Dapprima il Jack privato, perchè chi scrive -come diceva Cesare Pavese- racconta quello che non ha; Quello che ha non lo racconta, se lo tiene. Ma poi non ho potuto tenermi più neanche quello che avevo. La mia famiglia, i miei ricordi, il nostro bisogno di essere amati, le vostre lettere, i nostri amori, le mie e le vostre malattie, e le nostre speranze di vivere in un Paese felice, tutto si è mescolato con tenerezza e rabbia in una sorta di Repubblica dei Liberi Stati Mentali; niente "è stato tenuto", senza pudori, anche se con qualche imbarazzo, e il mio egoistico e un po' narcisistico desiderio iniziale si è trasformato -dopo avervi conosciuti- in un altro: che voi riusciste a stringere, per una volta, la mano al vostro "Io" più impresentabile, che ricucissimo, tutti noi, una scissione, e ritrovassimo, qui e ora, in una notte come questa, una patria comune. Guardatevi negli occhi, guardatevi intorno. Vedete di cosa è capace il nostro "Io" più disperato, più solo, più abbandonato? Prima parlavo del verbo "osare", che amo molto.Penso che noi siamo anche quello che siamo stati. Prima ancora che nascessimo intendo. Credo in una specie di reincarnazione all'incontrario. Ho nostalgia del futuro perchè ho il rispetto della memoria, e noi siamo anche i nostri antenati, i nostri morti. In questi anni mi avete chiesto in tanti "Ma come ti è saltato in mente un Jack Folla?" Mi perdonate un piccolo aneddoto privato? Spero di sì. Anche perchè non ve lo racconto per stronza vanagloria. Sono la pecora rossa di una famiglia benemerita delle armi italiane. Ce l'ho un po' su con Bossi perchè quindici fra miei bisnonni, biszii e biscugini sono morti per il Risorgimento e l'Unità d'Italia. Quindici giovani che volevano un'Italia non scissa, ma una, libera e indipendente. Jack Folla è anche nato dal gesto di uno di loro. Era mio bisnonno. Si chiamava Efisio, e fu l'unico generale che nella disfatta di Custoza continuava a avanzare, mentre l'altra mezza dozzina di generali di divisione -senza premurarsi di avvertirlo- si erano già ritirati. Alla Camera dissero che se tutti avessero combattuto come lui, Custoza non sarebbe stata un'onta per l'Italia. Lo fecero ministro della guerra. Ma non è questo l'osare che intendo. Anche questa, pur essendo Storia, è vanità. Io parlo di quel momento irripetibile della vita di ciascuno, in cui, con un piccolo gesto di rivoluzionaria follia, si spezza un vecchio e logoro schema, si rompe col passato e si apre al nuovo mondo. Prima di "partorire" Jack, scoprii casualmente un aneddoto familiare all'Archivio di Stato. Il 2 Luglio 1871 il Re Vittorio Emanuele II entrò solennemente a Roma, diventata capitale. Immaginatevi il corteo, la pompa magna, le alte uniformi, la folla. Ma al Quirinale, l'Italia Unita trovò il portone sbarrato. Il Papa non era stato proprio felicissimo di cedere agli italiani casa sua, che poi, veramente, era la nostra. Così era fuggito. Ma era fuggito anche il cardinale che custodiva le chiavi, portandosi appresso, come sfida e ultimo gesto di disprezzo, tutto il mazzo. Il soldatino della guardia reale bussava, suonava, tentava di aprire. Tutto inutile. Il Quirinale era sbarrato. Il re d'Italia, incazzato, tossiva, gli ufficiali in alta uniforme arrossivano, tutto il cerimoniale andò in tilt. Nessuno sapeva che pesci pigliare. L'Italia veniva a prendersi Roma, ma la nobiltà nera di Roma aveva chiuso i portoni dei palazzi in segno di lutto per l'arrivo degli "italiani invasori" e i preti avevano gettato le chiavi del Palazzo dei Palazzi. Allora Efisio scese da cavallo, si piantò davanti al portone sbarrato, prese le misure, e senza tanti "se" e "ma" sferrò un calcione con gli stivali e sfondò la porta del Quirinale, che da quel momento divenne la casa di tutti gli italiani. Lo era già, per legge, però quel calcio ci voleva, quel calcio è la storia che si compie, è esattamente l'atto di chi "osa turbare l'universo". Volevo dire che, di generazione in generazione, non si tramandano nel sangue solo il diabete o l'anemia mediterranea, ma anche i calci. E allora, un secolo e mezzo dopo, o da quel gesto nasce Totti, (e io a calcio ero una schiappa) o dall'albero genealogico della fantasia, nasce un Jack Folla. Quello che conta, cioè, non è se hai avuto o non avuto un bisnonno "famoso"; il sangue che conta è solo quello che trasmette (non alla tua schiatta ma a tutti) la capacità di sognare. E per sognare intendo la capacità d'immaginare insieme un mondo diverso, un Paese migliore. Perchè se quel film non ce l'hai già dentro, non potrai proiettarlo quindi "vederlo" mai.La seconda domanda alla quale volevo dare una risposta (non preoccupatevi, le domande sono solo tre) è il grido "Perchè vuoi uccidere Jack? E perchè proprio adesso che in lui ci siamo ritrovati? Jack non deve morire!" Non sarò certo io a seppellire il mio sogno più caro, che si chiama come un film, e come questa notte "Le ali della libertà". Jack non può morire perchè ormai è stato trasmesso nel DNA della fantasia, è già in circolo nel sangue dei vostri valori, anzi, lo era da sempre, semplicemente l'abbiamo ritrovato. Jack, stanotte, deve partire, è diverso. Se tornerà, quando, e in che cosa l'avrà trasformato il nostro sogno collettivo, questo non è dato saperlo nè a voi nè a me. Ma se Jack parte stanotte, suppongo che qualcosa o qualcuno stia per arrivare domani. Uno scrittore non è altro che una stazione di confine. Tutte le storie sono in transito. Bisogna solo aspettare il treno giusto. Ma so già che a molti di voi questa risposta non basterà; ed io stesso sono triste, stasera, perchè dire "Hasta siempre, Jack" mi fa, come tutti gli abbandoni, anche una certa paura.Jack, per tre anni, è stato il mio universo. "Oserò turbare l'universo?" Sì. Sì perchè se Jack Folla è diventato il nostro nuovo universo, il nostro universo diventa la sua nuova prigione. Non dobbiamo permetterlo mai. Jack è la nostra mente libera. Bisogna lasciarla volare. Lui è il nostro albatro viaggiatore. Vi ricordate la poesia "Il viaggio" di Baudelaire?"Noi partiamo un mattino con il cervello in fiamme, con il cuore gonfio di rancori e di desideri amari, e andiamo, cullando al ritmo delle onde il nostro infinito sul finito dei mari. Alcuni sono lieti di fuggire una patria infame, altri l'orrore della loro nascita, altri ancora -astrologhi sperduti negli occhi di una donna- la tirannica Circe dai pericolosi profumi… Ma i veri viaggiatori sono soltanto quelli che partono per partire; cuori leggeri, simili agli aerostati, essi non si separano mai dalla loro fatalità, e senza sapere perchè, dicono sempre "Andiamo"! I loro desideri hanno le forme delle nuvole."Questo è stato Jack. E non saremo certo noi quelli che mettono le nuvole in gabbia.E adesso la terza e ultima risposta. Questa notte molti di voi verranno qui a raccontarci "se, e in che cosa, sono cambiati con Jack." Credo di dovermi sottoporre anch'io a questa domanda. È un dovere, perchè siete diventati voi i miei Jack, ed avete rivoluzionato la mia visione del mondo. La mia è una risposta molto semplice. Ho sempre pensato di essere solo. Stanotte, mi basta guardarvi, per capire, non soltanto di non esserlo più, ma di non esserlo stato mai.
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